Gli ambiti di engagement

Cinque sono gli ambiti che consideriamo centrali per l’identità stessa delle aziende. Terreni scivolosi, difficili, sui quali nessuna azienda può permettersi di giocare o essere incoerente oppure opaca. Allo stesso tempo sono ambiti distintivi della mission della Fondazione e dei suoi partner. La crisi climatica è qui, senza alcun dubbio: richiede azioni incisive, adeguate per dimensione e rapide. Il marketing non è consentito. Lo stesso vale per la biodiversità, che ci fornisce cibo, acqua potabile, sicurezza, medicine e altre importanti risorse ed è costantemente minacciata dalla produzione di massa.

La violazione dei diritti umani lungo tutta la catena di fornitura è un discrimine che marchia a fuoco la credibilità e la responsabilità di un’impresa. Allo stesso modo della produzione e del commercio di armi. Il bene comune acqua dovrebbe essere escluso dalle possibilità di speculazioni finanziarie: siamo sicuri che il posto giusto per lei sia la Borsa? Noi pensiamo di no. Un’azienda è prima di tutto la sua governance: inclusiva, competente, trasparente, responsiva o, al contrario, opaca, autoreferenziale, rappresentativa solo di una cultura orientata ai dividendi? Una corretta politica fiscale, senza il ricorso a paradisi o agevolazioni di paesi compiacenti, è componente essenziale della responsabilità sociale d’impresa. Questo è stato il nostro terreno di engagement.

Crisi climatica

Fin dall’inizio della nostra attività di azionariato critico ci siamo concentrati su Eni ed Enel, le due principali società energetiche italiane. Dalle loro strategie di sviluppo dipendono le sorti climatiche non solo del nostro Paese ma anche dell’intero pianeta. Nel 2020 Eni ha lanciato un piano di decarbonizzazione al 2050 molto ambizioso, ma pieno di incognite. L’abbattimento delle emissioni si concentra solo negli ultimi anni del piano, mentre fino al 2025 la società continuerà ad aumentare l’estrazione di petrolio e gas.

Grazie anche alla nostra pressione di azionisti critici, nel 2014 Enel ha invertito la sua rotta, ha messo da parte carbone e nucleare per diventare leader mondiale nelle rinnovabili. Nel 2023, però, il governo italiano ha deciso di stravolgere la governance della società, nominando un nuovo amministratore delegato e un presidente noto per la sua passione per le fonti fossili. Enel rischia ora di perdere la sua posizione di leader nelle energie pulite.

Abbiamo fatto sentire le nostre preoccupazioni sulle sorti del clima anche nelle domande inviate al colosso chimico belga Solvay (in collaborazione con l’ONG inglese ShareAction) e al gruppo assicurativo italiano Generali, che sta gradualmente disinvestendo dalle fonti fossili.

Pace e diritti umani

Il nostro impegno in questo ambito – iniziato con Leonardo SpA e oggi esteso a Rheinmetall AG, Fincantieri SpA e ThyssenKrupp – è volto a chiedere a queste imprese un minore impegno nel settore militare a favore di quello civile. Siamo convinti infatti che la produzione e l’esportazione di armamenti siano attività che minano la pace nelle diverse aree del pianeta e che mettano a serio rischio la reputazione delle imprese. Inoltre l’eccessivo sbilanciamento verso un settore produttivo (militare) costituisce un elemento di fragilità del modello di business dell’impresa. Ci concentriamo su quesiti di trasparenza relativi ai paesi di esportazione dei materiali di armamento e a stigmatizzare le operazioni con o verso paesi problematici sotto il profilo della violazione dei diritti umani o del coinvolgimento in conflitti. Inoltre, ingaggiamo queste imprese sulle armi controverse nella cui costruzione, manutenzione o esportazione sono implicate. Consideriamo armi controverse in particolare quelle nucleari, ma in generale quelle bandite da trattati internazionali.

gestione della risorsa idrica

La gestione dell’acqua e di altri beni comuni da parte di società quotate in borsa è per noi elemento di forte criticità. Infatti, tende a subordinare la gestione della risorsa, in termini di qualità, tutela e accesso, a logiche finanziarie quali la remunerazione degli azionisti. Necessiterebbe invece di investimenti costanti trattandosi, appunto, di un bene scarso e di interesse pubblico. Ci concentriamo su ACEA SpA, la maggiore società italiana nel settore, e sui temi degli investimenti nel miglioramento della rete e in impianti per il miglioramento della qualità della risorsa, riduzione delle perdite occulte, architettura del gruppo e le logiche che vi sovrintendono.

governance

Nell’ambito della governance rientrano molti temi che ogni anno riprendiamo nel nostro azionariato critico. Perché non c’è solo l’impatto sociale e ambientale a determinare la qualità e l’identità stessa delle politiche dell’impresa, ma anche il modo, le regole e gli strumenti con cui questa è governata. Le politiche di remunerazione del management collegate a indicatori di risultato di sostenibilità, i limiti alla parte variabile della remunerazione, la collocazione di aziende del gruppo in paesi a fiscalità agevolata, le competenze delle persone dei CdA, le incompatibilità nelle nomine dei vertici dell’azienda (come il caso di Roberto Cingolani), l’equilibrio di genere all’interno degli organi di governo delle imprese, la reale indipendenza dei consiglieri indipendenti, i contenziosi sindacali e con le organizzazioni dei consumatori e dei cittadini nei territori in cui operano le imprese: questi e altri sono i temi su cui si è concentrato il nostro azionariato critico.

fiscalità

La giustizia fiscale è un tema presente da sempre nelle iniziative di azionariato critico della Fondazione. Negli ultimi 15 anni abbiamo chiesto in particolare ad Enel, Eni e Generali di spiegarci la funzione di loro società collocate in Olanda, Lussemburgo, Bahamas e altri conduit e paradisi fiscali. Il rischio è che si utilizzino Paesi opachi per eludere o evadere le tasse. Tutte le società che abbiamo ingaggiato ci hanno fornito informazioni trasparenti, con piani di uscita graduale dai paradisi fiscali. Alcuni dubbi, però, rimangono e il monitoraggio delle strategie fiscali delle imprese continua.